Presentato il XIII Rapporto Annuale Federculture 2017: Impresa Cultura Gestione Innovazione Sostenibilità

Più spesa, più consumi, maggiore partecipazione e una rinnovata attrattività di patrimonio e territori. Il 13° Rapporto Annuale Federculture “Impresa Cultura. Gestione, Innovazione, Sostenibilità” fornisce una fotografia dettagliata della cultura nel nostro Paese, dal quale affiora, dopo anni di incertezze, l’immagine positiva di un settore che ha imboccato la via per uscire dalla crisi.

I cittadini tornano a spendere nel settore: 68,4 miliardi nel 2016, l’1,7% in più sul 2015 e il 7% in tre anni recuperando circa 4 miliardi dopo il crollo dei consumi del 2013. Gli italiani tornano anche a teatro, +2%, al cinema, +5% e visitano di più musei, mostre, +4% e siti archeologici, +5,4%. Anche il turismo vola: nel 2016 gli esercizi ricettivi hanno registrato il massimo storico di arrivi, 116,9 milioni e di presenze 403 milioni. Il settore va bene anche nei primi sette mesi del 2017: arrivi e presenze crescono di oltre il 4%.

 

Si consolida, quindi, la tendenza già intravista lo scorso anno. Ma il momento positivo deve consentire di riflettere sui nodi strutturali del nostro sistema culturale e di intervenire con una impostazione strategica che ponga le basi per uno sviluppo duraturo. Sono ancora molte le criticità da sciogliere ma anche le opportunità che si possono cogliere per consolidare la crescita del settore e del Paese.

Il volume li affronta attraverso saggi autorevoli e attuali, ricerche inedite e un’ampia appendice statistica con dati aggiornati, che analizzano le dinamiche politiche, legislative, amministrative ed economiche che investono territori e cittadini.

La risalita dei consumi culturali è uno degli elementi più evidenti del quadro disegnato nel volume: si consolida la ripresa della spesa in cultura delle famiglie italiane in un trend positivo che riguarda l’ultimo triennio nel quale la crescita è del 7%, incremento peraltro superiore a quello che si registra nella spesa generale per consumi finali che si ferma ad un +4,3%.  Anche in termini di partecipazione culturale la ripresa è netta, e non solo nell’ultimo anno, la tendenza si manifesta in tutto il triennio 2013-2016 con un vero e proprio balzo in avanti in particolare per quanto riguarda la fruizione del patrimonio – musei, monumenti, aree archeologiche – che cresce del 22%. Sembra, dunque, che il settore e i cittadini abbiano reagito positivamente alle politiche messe in campo, dall’aumento significativo delle risorse pubbliche, alle misure di favore fiscale nei confronti degli investimenti nella cultura, nel cinema e nel turismo, dall’incoraggiamento del rapporto tra pubblico e privato, fondamentale per il settore, agli interventi di sostegno ai consumi, alle riforme nella gestione del patrimonio stesso.

Ma non tutto nel settore va bene, le note positive non devono far dimenticare le criticità che tuttora permangono. Un dato su tutti: la lettura nel nostro Paese è ancora abitudine di pochi, solo il 40,5% degli italiani legge almeno un libro l’anno e appena l’8,3% lo fa in formato e-book. Un dato che è costantemente in calo da diversi anni: i lettori erano il 46,8% nel 2010. E, inoltre, dati alla mano, si può parlare per alcune fasce di popolazione di ‘esclusione culturale’. Gli italiani che in un anno non svolgono alcuna attività di tipo culturale sono il 37,4%, ma questa percentuale nelle famiglie a basso reddito raggiunge e supera il 50%.

Aumentare la partecipazione culturale dei cittadini e l’accesso diffuso ai beni e alle attività culturali è una priorità chiaramente individuata anche all’interno del volume, nel quale un’ampia sezione dedicata all’audience development analizza le dinamiche del rapporto tra cittadini e cultura e descrive le diverse possibili strade da percorrere per raggiungere il risultato di un rafforzamento di questo rapporto. Prima di tutto lavorare sul coinvolgimento. Il cittadino, ma anche il turista, che oggi si avvicina alla fruizione culturale è in cerca di un’esperienza e su questo terreno è necessario coinvolgerlo con nuovi linguaggi e con le nuove tecnologie. Ne è un valido esempio l’esperienza del Museo Archeologico Nazionale di Napoli che, primo museo al mondo, ha commissionato la realizzazione di un videogioco connesso alla storia del museo. “Father and Son” il videogioco messo sul mercato nella primavera del 2017 ha avuto 1 milione di download, con centinaia di migliaia di persone esposte al “brand museo” e almeno 10.000 che “giocando” hanno acquistato il biglietto del museo.

Ma, per agire significativamente sulle abitudini di consumo dei cittadini, sulla loro crescita culturale, per migliorare le politiche di valorizzazione delle nostre risorse culturali, garantendone al contempo la conservazione, è necessario intervenire sull’innovazione della gestione della cultura.

E’ questo il tema centrale del Rapporto che, attraverso diversi interventi, lancia un messaggio chiaro: una gestione moderna, efficace e sostenibile del patrimonio e delle attività culturali può costituire l’elemento chiave per lo sviluppo del settore, migliorando la pubblica fruizione, producendo valore non solo economico ma anche sociale nel Paese, innescando dinamiche positive nell’ambito dei territori, con benefici effetti sulla crescita locale e sull’occupazione.

Il punto di approdo di questa visione, da cui il titolo del volume, è l’impresa culturale vale a dire l’affermazione di forme “imprenditive” di gestione della cultura che attraverso efficacia, rendicontabilità e sostenibilità del proprio agire, diano piena attuazione all’art. 9 della Costituzione, alla valorizzazione dell’eredità culturale – anche nel senso inclusivo e partecipativo previsto dalla Convenzione di Faro – garantendo ai cittadini il diritto di accesso alla cultura.  In questa chiave, come emerge chiaramente dal Rapporto, l’impresa culturale ha una missione particolare in Italia per l’importanza del patrimonio, l’evidente necessità di collaborazione tra pubblico e privato e le potenziali ricadute socio-economiche che può generare. Dunque, è possibile fare buona impresa nella cultura, creare nuova occupazione e favorire lo sviluppo dei territori, ma per questo occorre una visione dello sviluppo da parte pubblica che dia luogo ad una governance in grado di individuare e promuovere modelli gestionali innovativi.

In questa direzione si è mosso negli ultimi anni il MiBACT con la riforma del sistema museale che ha dotato di autonomia speciale alcuni musei statali. A due anni di distanza dall’avvio della riforma, se ne possono valutare alcuni effetti per i primi 20 musei che ne sono stati interessati. Tra 2014 e 2016 questi musei hanno registrato complessivamente 8 milioni di visitatori per un totale di introiti (lordi) di oltre 31 milioni di euro. La crescita dei due indicatori è rispettivamente del 16,7% e del 37,7%. In entrambi i casi un incremento superiore a quanto avvenuto per l’insieme degli istituti statali, che nello stesso periodo vedono crescere i visitatori dell’11,7% e del 29% gli introiti. Inoltre, si può osservare come siano cresciuti del 19% i visitatori paganti, che per i musei autonomi raggiungono un’incidenza sul totale dei visitatori del 67%, valore che a livello nazionale è del 50%, mentre se si considera l’insieme dei musei statali esclusi i 20 autonomi scende al 46%, invertendo il rapporto tra paganti e non paganti.

Oggi è possibile, quindi, affermare che musei e luoghi espositivi sono imprese culturali e come tali possono essere gestiti. La recente accettazione di poter usare il sostantivo “impresa” per questa dimensione delle attività umane consente di poter usare anche in ambito culturale tutto lo strumentario che l’idea dell’impresa porta con sé in termini di razionalità, efficienza, organizzazione, managerialità, accountability, equilibrio economico, utilizzo di leve finanziarie, mercato. Per le imprese culturali il ruolo dell’accountability, in particolare, ha un significato più profondo rispetto ad altre entità imprenditoriali poiché accountability culturale significa dar conto dell’utilizzo delle risorse con riferimento ai risultati sociali conseguiti e ai bisogni collettivi. Occorre, in questo senso, individuare una metrica condivisa che valorizzi le attività finalizzate a creare coesione sociale, a favorire il dialogo interculturale, a promuovere la partecipazione di pubblici.

 

Federculture e dalle pagine del Rapporto evidenzia come ci sia ancora molto lavoro da fare facendo particolare riferimento alla definitiva approvazione della nuova normativa sullo spettacolo; al proseguimento dell’impegno per portare a buon fine l’elaborazione di una legge sulle imprese culturali e creative che definisca in modo chiaro che cos’è un’impresa culturale, come essa può svolgere il suo compito, come eventualmente possa essere aiutata o agevolata nella sua attività (sulla scorta di quanto fatto per l’impresa sociale dal recente Codice del Terzo settore); all’ampliamento dell’utilizzo di Art bonus; al sostegno ai consumi delle famiglie nella cultura attraverso misure di deducibilità fiscale dei servizi culturali.

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